Li guardavo fin da piccola e fin da allora mi chiedevo cosa
ci facessero lì con lo sguardo serio e
altezzoso, i turisti tedeschi.
Per lì intendo la bella spiaggia assolata e ancora un po’ selvaggia della mia regione. C’era qualche
piccola duna e ciuffi d’erba secca vi crescevano dietro, tranne qualche tratto
davanti agli hotel più importanti e nuovi.
In alcuni c’era persino la piscina. Era audacia pura per noi bambini intrufolarsi di nascosto e buttarsi dal trampolino,
incollati di sabbia. Quasi sempre venivamo scoperti e cacciati. E a segnalarci
era spesso un signore tedesco, infastidito dalla nostra vivacità e dalla
mancanza di regole.
Nel suo atteggiamento coglievo lo sdegno e l’arroganza del
benessere. Di chi si sente protetto dall’agiatezza economica.
Eppure a scuola avevo studiato che parte aveva fatto la
Germania nella seconda guerra mondiale e già prima.
I tedeschi no. Per vent’anni dopo la fine della guerra
l’olocausto era sparito dai loro libri di storia.
Helga Schneider scrittrice berlinese, racconta che subito dopo la morte di Hitler parlarne, parlare del
nazismo, era diventato tabù. Bisognava cancellare e negare quello che prima era
obbligatorio osannare.
Tutti quei dodici anni
di violenza esponenziale e crudeltà estrema protratta erano stati
depennati. Guai a nominarli.
Io a quindici anni dalla fine del conflitto, ne avevo
sentito parlare in casa, dagli insegnanti, dalla stampa e mi chiedevo cosa ci
facessero i tedeschi sotto l’ombrellone
con l’atteggiamento da vincitori.
Sono sempre stata una bambina responsabile a volte anche in
maniera eccessiva. Ritenevo giusto pagare e scusarmi se facevo dei danni.
Gli storici spiegano che in Germania la prima generazione
dopo la guerra ha rimosso
l’Olocausto (nel senso che ha evitato di
affrontare il fatto). Quella successiva
ne ha attribuito la responsabilità ai gruppi di comando. La contestazione del 'sessantotto ha fatto in modo che i figli chiedessero
ai padri di assumersi la colpa. La generazione seguente ha riconosciuto la Shoah come responsabilità
di una parte del popolo tedesco. Ma i nonni erano morti, che
responsabilità avevano i nipoti e i
pronipoti?
La responsabilità del sangue, dico io. Delle colpe dei
padri. Dell’enormità di quello che era successo.
L’annientamento sistematico, crudele, sadico di sei milioni
di persone è il male. Punto.
Io che mi paralizzo e cambio canale quando nei film ci sono scene di torture ho
voluto leggere trattati, autobiografie di chi è tornato (quasi sempre per sola
fortuna) dai campi di sterminio.
Gli ebrei ma anche disabili, rom, omosessuali, testimoni di
geova, dissidenti sono stati:
- Ingannati e illusi per essere catturati più facilmente;
- Lasciati liberi di girare nei ghetti per giocare all’inseguimento e all’uccisione come lepri alla caccia;
- I figli strappati alle madri con divertimento;
- Affamati e costretti a lavorare pesantemente sotto il tremendo clima invernale del nord;
- Chi si ammalava o feriva continuava a lavorare fino alla morte
- Fatti entrare vivi nei forni crematori verso la fine del conflitto quando il gas era finito;
- Cavie per esperimenti medici atroci;
E tutto questo tra insulti e volgarità dei guardiani.
L’annientamento di un popolo, l’evoluzione di una specie
(quella umana) cancellati in poco tempo.
Ci sono voluti due milioni e mezzo di
anni perché l’Homo erectus diventasse Homo sapiens. Impossibile per qualsiasi
persona tornare così tanto indietro. Ecco perché molti sopravvissuti (es.Primo Levi) una volta testimoniato si
sono tolti la vita.
Voglio fare un esempio, lo faccio unicamente per dimostrare
che il carattere umano si trasmette come il colore degli occhi e i capelli
senza che il paragone con il mondo animale urti nessuno.
Tempo fa un amico, allevatore di cani, mi ha spiegato di
quanto sia importante far accoppiare animali mansueti e vitali per avere
cuccioli sani, amichevoli, che non mordono.
“Il carattere è più importante dell’aspetto” ha ribadito.
Se questo è vero, e sono convinta che lo sia, il popolo
tedesco di oggi deve fare i conti con il proprio passato.
Certo i figli sono cambiati, e i figli dei figli ancora di
più. Poche generazioni servono a ripulire i geni?
Mi chiedo se quello che il nazismo sosteneva, la selezione
della razza non sarebbe stato opportuno farlo con tutte le SS., gli aguzzini, i
kapo. Naturalmente non intendo che si
dovessero condannare a morte, intendo che si dovesse impedire loro di procreare
e trasmettere la malvagità.
I tedeschi di oggi hanno la responsabilità dei discendenti. Diffido
di un paese che per vent’anni ha negato una tragedia simile.
Il 26 gennaio 2013 la cancelliera Merkel alla vigilia della giornata della memoria ha
chiesto scusa nel suo sito web per l’Olocausto.
“Abbiamo una colpa perenne nei confronti delle vittime” ha
scritto.
Forse si doveva dire prima. Forse l’Europa avrebbe dovuto
ricordare alla Germania l’enormità di quello che aveva fatto. Senza temere di
affondare il coltello nella piaga, visto che era stata ricucita in tutta
fretta.
Ho pertanto rivalutato l’intervento nel 2003 dell’allora
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al parlamento Europeo considerato da
tutti come una gaffe, se non una offesa
verso il presidente dei socialdemocratici tedeschi Martin Schultz.
Ovviamente il signor Schultz non c’entrava con il nazismo e
molto probabilmente non era nemmeno un discendente di chi aveva perpetuato
quelle atrocità. Anzi se non ricordo male il suo discorso era sorretto da
motivazioni più che opportune. Però in quel momento Berlusconi ha infranto un
tabù. Ha ricordato la colpa di un popolo, di una nazione. Ha detto:
“ Attenti,
siete stati voi. Non siete immuni dal vostro passato.”
Io bambina e ora adulta sento il bisogno di completare il
puzzle. Voglio una assunzione di colpa. Certamente più pacificatrice della commemorazione in qualche
ex lagher o di una corona di fiori alla memoria.