L’uccisione di Marco Vannini, ragazzo ventenne figlio unico in una famiglia unita è un caso che mi ha colpito molto. Forse tra i casi di cronaca quello che mi ha colpito di più.
Ho seguito tutti i servizi televisivi di cui ero a conoscenza per avere informazioni sui fatti. Alla ricerca di quella anomalia dalla normalità che ti fa dire: ecco la motivazione, dunque non succederà più.
Ormai sono passati quattro anni dall’accaduto, ci sono stati due gradi di giudizio. E se la prima condanna aveva un senso per i comune mortali (non certamente per i genitori, ma quale severità di condanna avrebbe senso per lenire la loro perdita?) la seconda lascia esterrefatti.
Di questi giorni il servizio fatto dalla trasmissione “Le Iene” che ho perso ma ho visto “Un giorno in pretura” che ha il merito di aver dato consequenzialità ai fatti e aver raccolto le testimonianze processuali della difesa e dell’accusa. Ho avuto risposte (ovviamente quelle rilasciate) sui tanti perché che mi ero posta e sul succedersi dei fatti di quella sera.
Ecco quello che ho recepito:
- Antonio Ciontoli è un uomo che si nasconde dietro un lavoro “di prestigio” essendo ben consapevole della pochezza del suo ruolo (fa l’amministrativo) Avrà certamente un buon stipendio e sarà cosciente della fortuna avuta che vuole tenersi ben stretta a costo di tutto. Anche della morte di un ragazzo.
Antonio sa di aver sparato, non riesco a capire che pensava di fare tergiversando e ritardando i soccorsi. Nei film gialli il colpito che vuole evitare l'ospedale va sempre a farsi curare da un medico “smedicato”, di solito ubriacone che finisce col salvarlo.
Stento anche a credere che avesse potuto perdere il posto di lavoro. Certo avrebbe perso smalto di fronte agli altri. Nessuno gli ha fatto la domanda (a lui che dice di aver amato Marco come un figlo): “Ma se fosse stato uno dei tuoi figli ad essere colpito, ti saresti comportato allo stesso modo?”
E che ha detto Marco dopo essere stato colpito? Non avrà chiesto di essere portato in ospedale?
Ho visto Antonio nelle varie testimonianze col rosario in mano. Non l’ho mai visto manifestare dolore e disperazione per aver lasciato agonizzare un ragazzo un’ora e mezza, tra urla , svenimenti, indifeso.
D’accordo, lui non voleva uccidere di proposito, ma lasciare il ragazzo tra sofferenze e supplizi lo avvicina ad un torturatore.
- Martina, la fidanzata. Ragazza dal carattere forte, tiene testa all’avvocato dell’accusa con fermezza. Da parte mia credo che in quel bagno fosse presente anche lei.
Colpisce dell’intercettazione nella sala d’attesa della questura il suo immediato sostegno al padre.
Non si è immedesimata nelle ore di dolore di Marco. Povero ragazzo, un fine vita atroce e lei commenta: “Era destino”.
- Federico e Viola, il fratello di Martina e la fidanzata. Mi sembrano i più umani, i meno colpevoli.
Anche se la mamma di Marco riteneva che a sparare potesse essere stato proprio lui per la sua posizione in famiglia.
Federico ha chiamato il 118, ha cercato di intervenire ad alcune discussioni televisive, ha letto una lettera nel processo d’appello.
- La signora Ciontoli (come fa di nome?) è quella che si è defilata. Tranne quando l’abbiamo sentita andare dai vicini di casa per cercare di manipolarli su quanto era accaduto. Credo sia la giusta moglie di suo marito.
- L’avvocato dell’accusa è debole. Nella trasmissione vista sembrava poco incisivo. Molti "lasciamo perdere", qualche gaffe. Non adeguato a mio avviso ad un processo così difficile.
- L’avvocato della difesa: agguerrito e capace.
Roberta Petruzzelli, conduttrice della puntata "Un giorno in pretura" conclude con questa frase:
"…Crediamo anche che il troppo clamore spinge tutti a radicalizzare il proprio convincimento e non contribuisce a fare giustizia".
Forse in parte è vero però la Giustizia non dovrebbe farsi influenzare. E dare cinque anni ad un uomo che ha lasciato morire un ragazzo senza dargli alcun aiuto, minuto dopo minuto di strazio davanti agli occhi e lui a parlare di colpo d'aria, pettine a punta, spavento, capelli da asciugare, non è una pena severa.
Perché prima viene la vita umana, poi tutto il resto a cui ognuno è libero di credere.