mercoledì 15 aprile 2020

POVERA ITALIA (un mese di coronavirus)

Modello di Coronavirus


      A distanza di un mese dalla chiusura in casa per coronavirus continuo a pensare che l’epidemia stia soprattutto in televisione. Dopo i primi tempi in cui 24 ore su 24 i media davano notizie in diretta sempre più allarmanti e la successione/processione di esperti consigliava , relazionava, si ingarbugliava oggi la gente comincia a stancarsi. L’allarmismo scende così come sembrerebbe la curva di contagi.
Una cosa bisogna dire che qui in Veneto  questa epidemia non è proprio la peste del Manzoni.
IL sole fuori spinge la gente a occuparsi del giardino e per fortuna  stiamo tutti bene. Niente parenti ammalati, né conoscenti stretti.
Se non fosse per le restrizioni sempre più pressanti, per le file fuori dei supermercati, per le strade vuote più che un paese in quarantena sembrerebbe un day after.
Non si può correre da soli nei prati anche se ci dicono che l’aria disperde la concentrazione del virus e il movimento rafforza le difese.
Ma lo sa Zaia che nel campo dietro casa se raramente incontro qualcuno già in lontananza ci si mette su rotte distanziate?
I “regolanti” quelli che non usano la testa ma solo le regole nel modo più ristretto gridano all’untore se vedono in giro una mamma con bambino o se al supermercato qualcuno si dimentica di mettere i guanti.
Si comincia a pensare di organizzare questa quarantena in modo diverso.Il governatore corre dietro ad una chiusura parossistica per dimostrare che lui i numeri li tiene sotto controllo.
Fontana,  faccia triste  post traumatica, subisce le critiche.
Di non aver salvaguardato all’inizio i medici mandati in prima linea senza protezione, di aver riaperto a poche ore dal primo caso  l’ospedale di Alzano lombardo. Di non aver allertato i sanitari ad inizio febbraio sul virus che sarebbe arrivato nei pronto soccorsi. Tanto che  a Codogno il primo tampone è stato fatto dopo il secondo ingresso del paziente. Di non capire perchè la Lambordia è così infetta: insomma l’anomalia di una regione appesantisce la situazione  di tutto lo stato.
E le youtuber che seguo piangono dall’estero quando parlano dell’Italia come fosse Kao lak all’indomani dello Tsunami e per giustizia mi verrebbe da ribattere che qui, nella mia provincia, regione non è proprio così. Niente morti per le strade, solo tutti a comprare l’ultimo pezzetto di lievito di birra: per fare che? Il pane.
Clio make up fugge in lacrime da New york e allora guardiamo agli americani con occhi diversi.
Insomma l’America è buona quando ci si va per far soldi ma diventa terrorizzante quando c’è bisogno di solidarietà.
La protezione civile continua a dare i numeri alle sei. Che ahimè non sono proprio confortanti. Si aspetta il calo, il picco (c’è stato?). Poi scenderà ma la vediamo una cosa lunga, che non possiamo permetterci. Per tanti motivi, non solo quello economico. La mamma in casa di riposo piange perché non vado a trovarla. Penso che se non sarà contagiata dal coronavirus, si ammalerà di solitudine, di senso di abbandono e anche questo è da mettere in conto.

L’Europa dapprima ci considera una palla al piede. Un po’ come un parente povero che ha sempre chiesto ma adesso che  sono in difficoltà anche loro si danno la precedenza.
Poi ci considerano cicale mafiose, mangia soldi a sperpero  senza  struttura portante.
Noi cerchiamo degli stratagemmi per essere riconsiderati. Come chi non si rassegna al rifiuto di un “fidanzato” che l’ha lasciato.
Il mio pensiero è che dopo il 3 aprile dovremmo cominciare a riaprire con cautela per età, per zone, per lavoro. La Cina aveva trincerato Wu han, ma tutto il resto del paese era produttivo.
Intanto aspettiamo.
La curva si stabilizza, scende leggermente e tutti pensano al seguito, a riaprire.
Come dopo un bombardamento si cominciano a fare i conti e a dare colpe.
Le case di riposo lombarde sono state un'ecatombe: nei tempi dell’emergenza e del collasso si è deciso che potevano essere le ultime. Nel parossismo di quei momenti degenti positivi e negativi  nella stessa struttura blindata hanno preso fuoco (si fa per dire). E i morti sono stati fatti uscire di notte , nei camion militari. Operatrici senza tampone e mascherine sono state mandate a sparpagliare virus e a privare gli anziani dei propri cari negli ultimi momenti. Non era dai parenti che le RSA si dovevano difendere ma dalla carenza di ausili, da scelte che si stanno valutando.

Camion militari che trasportano le salme

Anche da noi ogni giorno si proclamava che si sarebbe proceduto ai tamponi a tappeto negli ospedali e nelle RSA. Peccato che si sia provveduto solo in questi giorni.
Le beghe politiche ritornano, così pure la democrazia.
La prossima settimana riaprirà qualcosa, speriamo.