LA SOLITUDINE DEGLI ANZIANI |
Care case di riposo,
scusate se mi sento in colpa per aver messo la mamma in una RSA,
scusate se non avevo previsto il Covid,
scusate se già nell’estate dopo il primo lockdown ho scritto una lettera cercando di smuovere chi stava sopra di Voi per aprire di più alle visite, ha smosso soltanto il risentimento nei miei confronti;
scusate se sono gelosa della mia vicina di casa che la mamma di 96 anni se la tiene in casa;
scusate se dalla primavera 2021 ho insistito per l’applicazione della legge 126 che prevedeva incontri giornalieri e uscite in famiglia,
scusate se ho dovuto sputare sangue per averle da settembre e non vi ho ringraziato abbastanza per la concessione (che minacciavate sempre di togliere) di poter visitare la mamma due volte alla settimana;
scusate se mi sono permessa due volte di prendere il caffè per mamma alla macchinetta: la prima volta non sapevo che non si potesse, la seconda lo sapevo ma la macchinetta era un po’ nascosta e lo confesso pensavo di farla franca.” Sei stata vista da altri familiari” mi è stato rimproverato. Una guerra di poveri, mi sono detta.
Scusate se non mi basta avere la mamma in un nucleo “gentile ed efficiente”, dopotutto dovrei ricordarmi il reparto del primo anno quando la coordinatrice mi vietava il riposino anticipato della mamma, una cioccolata al bar della struttura per tirarla su, un ripensamento sul lavaggio della biancheria, un cucchiaio di cibo tritato perché i pezzi grossi non li mandava più giù.
Scusate se la mia fragilità non è adatta a chi ha un parente in una RSA. “Portatela a casa” mi è stato più o meno detto in questi giorni. "Qui funziona così".
I nostri cari non sono in prigione, mi dispiace, non ci avete
espropriato della patria potestà. Dovreste, come ha scritto Gianfranco Vitale prima di me,
usare il buon senso e capire.
Non siamo noi parenti mosche fastidiose.
A nostra colpa c’è soltanto un cuore spezzato. Domani quando i nostri cari se ne saranno andati resteremo con un peso che Voi potete (e dovreste) aiutarci ad alleggerire. Bramiamo una carezza, mani da stringere, una fetta di torta di compleanno che ci avete vietato di condividere.
Ci siamo fatti la terza dose, ci faremmo un tampone se necessario per entrare. Cosa possiamo fare di più?
Ditelo, lo faremo.
Link nel testo:
Il Covid, la prudenza e la solitudine delle persone più fragili di GIANFRANCO VITALE