CINQUE TAPPE PER SANTIAGO
Queste sono due, per chi fosse interessato a leggerle tutte ecco il link dove è pubblicato l'intero racconto.
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Astorga
Ci sono piazze che si aprono
l’una sull’altra, come piccole stanze di giochi. Occhieggiano da dietro i
vicoli, si circondano di persone sedute lungo i portici. Chiacchiere curiose di
gente socievole ma chiusa. Piccoli mondi
in vetrina.
Talvolta i suoni degli altri sono
richiami che escludono. Servono a delimitare il territorio, a segnare confini.
A Foncebadon l’ostello è ancora
chiuso, le persiane abbassate. Invece dentro i caminadores si preparano alla
partenza. Fanno colazione, si incerottano i piedi.
Buen camino.
Il mio comincia da qui, in
salita, attraverso pascoli e paesaggi di montagna. Fino alla Cruz de Ferro.
Una montagna di sassi con una
croce sopra, fatta di ricordi, di momenti brutti da buttare via. Il mio sasso è
quasi quadrato, un po’ smussato e compatto, l’ho raccolto lungo il percorso.
Paolo, ne ha presi tre.
“La mia vita”, ha detto. “ E’
divisa in tre parti. La terza, quella che mi appresto a vivere, l’ho scelta più
lunga. Ho ancora tante cose da fare”.
Tre sassi per una vita: io non l’avrei mai pensato.
Il cammino è un continuo saliscendi.
Quando ti aspetti che dietro l’angolo ci sia la discesa, trovi ancora salita.
Il cammino è una unica strada. Lo
intraprendi quando hai paura di sbagliare o quando hai già sbagliato. Quando
hai bisogno di una direzione sola.
Davanti a me una figlia adolescente
con il padre. Un percorso per insegnare, fianco a fianco, fino alla tappa
successiva, fino a che non si è trasmesso il sapere. E poi consegnare chi ami alla vita, dove le
strade sono molte e devi saper scegliere la tua.
A Manjarin, paese fatto di una
sola casa, sorrido all’obiettivo mentre dietro di me un cartello
indica le distanze con le principali località del mondo: Machu Picchu
9453 km.
El Acebo mostra i suoi tetti di
ardesia alla fine di una ripida discesa. Il paese fatto di sassi e legno si
snoda lungo la via dove passano i pellegrini. La prima fermata di questa tappa,
dove ci si toglie lo zaino, si mangia una mela e sostano anziani con gli occhi giovani.
Parlano di progetti e sogni con lo sguardo acceso. Con la sventatezza di chi
non ha esperienza o saggezza. O forse con chi ha deciso di buttarla via.
Il sentiero è ancora lungo, più
di metà strada. Diventa scosceso e faticoso sotto il sole.
Ma ecco alla fine la calma di Molinaseca e i bambini che
nuotano nel Meruelo.
Santiago de Compostela
A volte la meta non è un arrivo.
Quando hai raggiunto quello che hai inseguito con così tanta fatica, quando hai
conseguito lo scopo, realizzi che aveva valore solo il percorso.
Ho intrapreso il mio viaggio
tanti anni fa quando mi sono resa conto di quanto mi infastidissero i confini.
Quando nei miei sogni è apparso il volo: un’altra dimensione, un altro modo di
guardare.
Essere sopra le cose con occhi
sereni, cercare quello che le strade calpestate da gente indaffarata, mangiate
dalle automobili non mi potevano dare.
Ho cominciato il cammino quanto
ho cominciato a desiderare una guida.
Come un topo della fiaba dei
F.lli Grimm ho cercato il pifferaio magico. Ho cercato regole come mattoni,
paletti come recinzioni di un percorso.
Santiago è grigia e brulicante di
vita. Bucherellata dal tempo.
La cattedrale è possente. Da
plaza Obradoiro la pietra cupa delle torri, infestata qua e là dal muschio
giallo, si impone come una falesia. Incurante dei venti.
La Porta Santa è aperta
quest’anno di Giubileo. Numerosa è la gente in fila fuori per abbracciare il santo, ringraziarlo per il
cammino, per le persone che l’ hanno accompagnata e aiutata nel percorso.
Tante mani passano attorno alle
spalle di questo povero vecchio soffocato da così tante suppliche.
La chiesa è gremita per la messa
del Pellegrino. C’è gente che si ritaglia un posto tra il basamento delle
colonne. E poi, alla fine, il rituale.
Arrivano otto uomini vestiti di rosso: il Botafumeiro, il grande incensiere,
viene abbassato e fatto oscillare dal
contrappeso verso l’alto.
Dopo il fumo, dopo l’incenso, la
chiesa si svuota.
Io indugio ancora verso la statua
del santo. Lo guardo. Non mi risponde. Giro la faccia verso la luce che si
intravede dal portone aperto. Abbasso gli occhi sul bastone, la conchiglia che vi ho legato, la
bottiglia. Butto lo zaino sulle spalle.
Ancora strada da fare.
Autore: Luciana Buttignol
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