martedì 19 dicembre 2017

NON HANNO MAI CHIESTO SCUSA









       
         Li guardavo fin da piccola e fin da allora mi chiedevo cosa ci facessero lì  con lo sguardo serio e altezzoso, i turisti tedeschi.
Per lì intendo la bella spiaggia assolata e ancora un po’ selvaggia della mia regione. C’era  qualche piccola duna e ciuffi d’erba secca  vi  crescevano dietro, tranne qualche tratto davanti agli hotel più importanti e nuovi.  In alcuni c’era persino la piscina. Era audacia pura per noi bambini  intrufolarsi di nascosto e buttarsi dal trampolino, incollati di sabbia. Quasi sempre venivamo scoperti e cacciati. E a segnalarci era spesso un signore tedesco, infastidito dalla nostra vivacità e dalla mancanza di regole.
Nel suo atteggiamento coglievo lo sdegno e l’arroganza del benessere. Di chi si sente protetto dall’agiatezza economica.
Eppure a scuola avevo studiato che parte aveva fatto la Germania nella seconda guerra mondiale e già prima.
I tedeschi no. Per vent’anni dopo la fine della guerra l’olocausto era sparito dai loro libri di storia.
Helga Schneider  scrittrice berlinese, racconta che subito dopo la morte di Hitler parlarne, parlare del nazismo, era diventato tabù. Bisognava cancellare e negare quello che prima era obbligatorio osannare.
Tutti quei dodici anni  di violenza esponenziale e crudeltà estrema protratta erano stati depennati. Guai a nominarli.
Io a quindici anni dalla fine del conflitto, ne avevo sentito parlare in casa, dagli insegnanti, dalla stampa e mi chiedevo cosa ci facessero i tedeschi  sotto l’ombrellone con l’atteggiamento da vincitori.
Sono sempre stata una bambina responsabile a volte anche in maniera eccessiva. Ritenevo giusto pagare e scusarmi  se facevo dei danni.
Gli storici spiegano che in Germania la prima generazione dopo la guerra  ha rimosso l’Olocausto  (nel senso che ha evitato di affrontare il  fatto). Quella successiva ne ha attribuito la responsabilità ai gruppi di comando. La contestazione del  'sessantotto ha fatto in modo che i figli chiedessero ai padri di assumersi la colpa. La generazione seguente  ha riconosciuto la Shoah come responsabilità di una parte del popolo tedesco. Ma i nonni erano morti, che responsabilità  avevano i nipoti e i pronipoti?
La responsabilità del sangue, dico io. Delle colpe dei padri. Dell’enormità di quello che era successo.
L’annientamento sistematico, crudele, sadico di sei milioni di persone è il male. Punto.

Io che mi paralizzo e cambio canale  quando nei film ci sono scene di torture ho voluto leggere trattati, autobiografie di chi è tornato (quasi sempre per sola fortuna) dai campi di sterminio.
Gli ebrei ma anche disabili, rom, omosessuali, testimoni di geova, dissidenti sono stati:

  • Ingannati e illusi per essere catturati più facilmente; 
  • Lasciati liberi di girare nei ghetti per giocare all’inseguimento e all’uccisione come      lepri alla caccia; 
  •  I figli strappati alle madri con divertimento; 
  • Affamati e costretti a lavorare pesantemente sotto il tremendo clima invernale del nord; 
  • Chi si ammalava o feriva continuava a lavorare fino alla morte 
  •  Fatti entrare vivi nei forni crematori verso la fine del conflitto quando il gas era finito;
  • Cavie per esperimenti medici atroci;

E tutto questo tra insulti e volgarità dei guardiani.

L’annientamento di un popolo, l’evoluzione di una specie (quella umana) cancellati in poco tempo. 
Ci sono voluti due milioni e mezzo di anni perché l’Homo erectus diventasse Homo sapiens. Impossibile per qualsiasi persona tornare così tanto indietro. Ecco perché molti sopravvissuti  (es.Primo Levi) una volta testimoniato si sono tolti la vita.

Voglio fare un esempio, lo faccio unicamente per dimostrare che il carattere umano si trasmette come il colore degli occhi e i capelli senza che il paragone con il mondo animale urti nessuno.
Tempo fa un amico, allevatore di cani, mi ha spiegato di quanto sia importante far accoppiare animali mansueti e vitali per avere cuccioli sani, amichevoli, che non mordono.
“Il carattere è più importante dell’aspetto” ha ribadito.
Se questo è vero, e sono convinta che lo sia, il popolo tedesco di oggi deve fare i conti con il proprio passato.
Certo i figli sono cambiati, e i figli dei figli ancora di più. Poche generazioni servono a ripulire i geni?
Mi chiedo se quello che il nazismo sosteneva, la selezione della razza non sarebbe stato opportuno farlo con tutte le SS., gli aguzzini, i kapo.  Naturalmente non intendo che si dovessero condannare a morte, intendo che si dovesse impedire loro di procreare e trasmettere la malvagità.
I tedeschi di oggi hanno la responsabilità dei discendenti. Diffido di un paese che per vent’anni ha negato una tragedia simile.
Il 26 gennaio 2013 la cancelliera Merkel  alla vigilia della giornata della memoria ha chiesto scusa nel suo sito web per l’Olocausto.

“Abbiamo una colpa perenne nei confronti delle vittime” ha scritto.

Forse si doveva dire prima. Forse l’Europa avrebbe dovuto ricordare alla Germania l’enormità di quello che aveva fatto. Senza temere di affondare il coltello nella piaga, visto che era stata ricucita in tutta fretta.
Ho pertanto rivalutato l’intervento nel 2003 dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al parlamento Europeo considerato da tutti come una gaffe, se non una offesa  verso il presidente dei socialdemocratici tedeschi Martin Schultz.
Ovviamente il signor Schultz non c’entrava con il nazismo e molto probabilmente non era nemmeno un discendente di chi aveva perpetuato quelle atrocità. Anzi se non ricordo male il suo discorso era sorretto da motivazioni più che opportune. Però in quel momento Berlusconi ha infranto un tabù. Ha ricordato la colpa di un popolo, di una nazione. Ha detto:
 “ Attenti, siete stati voi. Non siete immuni dal vostro passato.”
Io bambina e ora adulta sento il bisogno di completare il puzzle. Voglio una assunzione di colpa. Certamente più  pacificatrice della commemorazione in qualche ex lagher o di una corona di fiori alla memoria.

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