lunedì 30 ottobre 2017

STAZIONE DI SCAMBIO

Concorso Letterario.







Il viaggio è un appuntamento con il tempo. Un incontro di affetti. Un terreno neutro per dare dimensione al passato.






L’autobus che da Atene torna a Volos si ferma per la sosta nel solito punto di ristoro.

C’è un bel giardino davanti. Quasi tutti i passeggeri si mettono a mangiare un panino persi nei loro pensieri. Disattenti.

Beatrice si è presa uno yogurt: “E chi se lo gusta  più in Italia, uno yogurt così!”  ha detto.

Il nostro viaggio è quasi alla fine. Siamo state ad Atene, sulla piazza in rivolta e noi turiste perplesse e consapevoli di vivere un momento particolare della nostra storia.
Alle spalle abbiamo quasi una vita, negli occhi il bisogno di vedere in libertà.

E’ un viaggio che abbiamo programmato da anni, il viaggio del “Quando andremo in pensione”.

Sempre rimandato per i figli, per il lavoro, per i soldi.

“Siamo due vecchiette on the road” ha detto Beatrice quando ha visto l’immagine  di noi che strascinavamo le valigie, sulla vetrina di un negozio abbandonato vicino  alla stazione.

Dentro c’era un pavimento sporco e spoglio, pezzi di carta strappata per arredamento.

“Ma che sta succedendo?!” mi chiede ora ripensandoci.

“A chi?”

“ Al mondo.” E si infila l’ultimo cucchiaio di yogurt greco dentro il gargarozzo.

La ragazza seduta accanto a noi è giovane e italiana. Di quella bellezza piena di futuro che hanno i nostri figli. Incurante delle rivolte, dei cambiamenti, che lascia scivolare l’acqua come sopra uno specchio. Il mare brilla dal finestrino, invitante.

La ragazza ha una montagna di bagagli, deve raggiungere il suo amico a Skiatos e già  la vediamo in bikini a crogiolare il corpo snello unto di olio.

“ Devo dimagrire” dice Bea. Come a riacchiappare una stagione persa.

Alla stazione di Volos, quattro piattaforme, c’è il solito caos. Alla biglietteria, il solito impiegato indisponente. Dobbiamo chiedere a una donna.

In questo viaggio abbiamo più volte incontrato  uomini scontrosi.

“E’ il periodo di crisi economica, sono arrabbiati” ho tentato di giustificarli.

“No, è che gli uomini sono fatti per la gloria, non reggono le sconfitte e poi noi non abbiamo più vent’anni.”

Ce ne rendiamo conto all’ufficio spedizioni quando chiediamo aiuto per pesare le valigie. Se ci fosse stata la ragazza del pullman sarebbero stati più che disponibili con la sua montagna di bagagli.

Mi siedo in un angolo e aspetto. Fra l’indifferenza.

Beatrice era magra da adolescente, rifiutava il cibo come fanno tante ragazze di oggi, per rifiutare gli eccessi di una madre che usciva dalle privazioni di una guerra.

“Ma siamo ancora in guerra, anche se la chiamano dimostrazione pacifica”, ha sbottato Bea quando i puntatori laser ci  hanno accecato l’obiettivo della macchina fotografica sul tetto dell’albergo, ad Atene. 
“E’ proprio come nella canzone di Vasco:  gli spari sopra, sono per Noi”.

Adesso l’indifferenza degli impiegati è diventata fastidio. Prima il loro, poi il mio. Prendo la  valigia ed esco.

Cerchiamo una donna, come abbiamo imparato a fare in questo viaggio. Per chiedere informazioni, per i consigli, per non disturbare.

Fermiamo una ragazza giovane che sentiamo coetanea. Ci dice che là dietro c’è il porto e ci si può sedere, mangiare qualcosa, è bello.

Il posto è soprattutto semplice, alla buona. Senza pretese, senza spari.

Uno sprazzo di mare in fondo, una vasca di acqua ammuffita  con il ricordo di  pesci rossi  in un angolo.

Ci sediamo a un tavolino che balla. Due gatti affamati si strusciano sulle  gambe. Beatrice li accarezza e li vezzeggia come dei bambini.

“Ma se a te non piacevano una volta i gatti!” protesto.

“Se è per questo non mi piaceva nemmeno mangiare e adesso guarda qua…” e si pizzica la  ciccia sulla pancia. “Sai,” continua. “Siamo state le prime  donne del cambiamento. Le prime che hanno studiato, che hanno lavorato, che hanno lasciato il ruolo di casalinghe. Siamo state cavie. Abbiamo dovuto improvvisare, testare, non avevamo un modello. Non abbiamo nemmeno mai capito se la nostra era fortuna o no. Abbiamo reagito all’adattamento come potevamo, a random.

Adesso torniamo a casa quando i figli sono cresciuti. Quando non hanno più bisogno di noi, quando le nostre assenze non pesano, non ci tagliano il cuore.Torniamo al ruolo delle nostre madri”.

La proprietaria del ristorante arriva con un piatto di gamberoni fritti, un contadino gira tra i tavoli a cercare di vendere dei pacchetti di erbe.

Gliene compro un sacchetto, per cortesia, non so nemmeno cosa siano.

“ Sono tisane per la pelle,” ci spiega l’energica proprietaria.”Good for  skin, per tornare giovani.”

Ritorniamo in quel crocevia del mondo che è la stazione dei pullman. Due posti vicini diretti verso l’aeroporto,  due sorelle verso il ritorno.

“Sai che ti dico” dice Bea rigirando il pacchetto di erbe tra le mani. “Io non voglio ridiventare giovane, voglio vivere questi tempi. Voglio stare a guardare. Adesso che è finito il tempo di agire, voglio stare a guardare.”

“ In libertà” preciso io.

“ Sì, in libertà” e appoggia la testa sulla mia spalla.

Autore: Luciana Buttignol

Viaggi: In mezzo all'aria

sabato 28 ottobre 2017

IN MEZZO ALL'ARIA







         Sono attratta dai luoghi mistici, di preghiera. Sarà perché la preghiera va nel profondo di  ognuno di noi e riempie il posto della nostra essenza. O forse il turismo religioso è un turismo più silenzioso e composto. Verosimilmente i luoghi di preghiera sono più in sintonia con la mia persona.
Tutti amano la Grecia e le sue isole in prevalenza  per le spiagge e il mare. Senza tralasciare che la Grecia è la culla della cultura occidentale. Un angolo della Grecia che mi ha colpito tanti anni fa e che mi sono ripromessa di visitare in seguito sono state le Meteore.
Le meteore sono rocce nere lisce e squadrate che si innalzano in un paesaggio montuoso (la Tessaglia). Sono un qualcosa che non hai mai visto prima e non ti aspetti. Sopra pinnacoli  scavati dal fiume in milioni di anni ci sono i monasteri ortodossi, il cui basamento è un prolungamento della pietra stessa.
La prima volta che ci sono stata, trent’anni fa, il turismo era poco per cui il misticismo del luogo si coglieva appieno sostenuto dallo scenario unico di queste strutture.
Ho mantenuto la promessa  di ritornare qualche anno fa, in giugno. Ecco il viaggio:
Volo aereo con Ryan air fino a Volos. A Volos aeroporto noleggio auto (Hertz) per raggiungere Kastraki frazione di Kalambaka dove mi sono fermata quattro notti per visitare con calma le meteore. Le successive tre notti le ho riservate ad Atene.
A Kastraki abbiamo scelto la  guest house Plakias e siamo stati benissimo. Sarà perché ci siamo fermati più giorni (non il solito mordi e fuggi), Nikos il gestore ci ha dato una stanza enorme con vista sulle rocce nere. E’ stato sempre premuroso con noi. Un saluto cordiale al mattino e un bentornato nel pomeriggio con un gelato e una fetta di anguria per dissetarci dopo l'escursione.


Vista dalla stanza

La sua è anche una taverna dove si mangia molto bene. Un plusvalore è il fatto di averci detto che l’operatore con cui avevamo prenotato on line l'albergo si era sbagliato. Ci ha  chiesto una tariffa inferiore  e ha regolarizzato la transazione con il gestore on line.
Con la solita guida Routard abbiamo visitato i monasteri che sono sei (quelli in cui si può accedere). Tutti molto suggestivi e quasi tutti hanno un bel po’ di gradini da calpestare prima di entrarci.
Nella mia prima visita era obbligatorio per le donne indossare le gonne, proibiti i pantaloni larghi, anche al ginocchio. Era  sconfortante tornare indietro dopo aver faticato lungo la salita e non aver superato il controllo del monaco all'entrata. Adesso invece danno delle vesti da mettere sopra.
Non sto a elencarvi le singole visite ai monasteri, le potete trovare dappertutto.  Non ho nemmeno il ricordo di quello che mi ha colpito di più. Come per tutti i viaggi dipende tanto dalla sensibilità personale. Ogni monastero si aggrappa ad una chiesa bizantina buia e ricca di dorature e candele. Le fotografie all'interno sono proibite ma come qualcuno ha detto scattano da sole.
I trenta anni passati e l'immagine del ritorno hanno un pò deluso le mie aspettative.
Il turismo è aumentato in modo esponenziale, bus con aria condizionata scaricano ogni giorno frotte di visitatori che non giovano all'atmosfera del sito.
I monasteri non sono sempre aperti (di solito chiudono un giorno alla settimana) e le ore di accesso sono limitate.


I monasteri


                  
Monastero di Santo Stefano
Monastero della Santa Trinità

Monastero di Varlaam


Monastero Roussanou

Monastero di San Nicola


 Di questo viaggio ho  ricordi che lancio come coriandoli.
Appena arrivati in aeroporto (sperduto nel nulla) a Volos  il navigatore non prendeva il satellite. Panico per me che non avevo nemmeno una cartina stradale.
 Dopo qualche chilometro di strada ecco la magia sullo schermo: la strada disegnata e la freccia in movimento.










Delle buonissime melanzane al ragù mangiate nella piazza di KalambaKa vicino alla fontana. (Taverna Panellinion)
I negozi della città  (Trikala?) chiusi il sabato pomeriggio.

Per finire questa foto sfocata di una signora anziana colpita dalla luce nel monastero di Santo Stefano.


Da questo viaggio il racconto "Stazione di scambio" - Quando il viaggio è...

lunedì 2 ottobre 2017

LE RAGAZZE DI SEUL

      PRIMA                DOPO           


         Si fa un gran parlare delle ragazze (anche ragazzi) della Corea del sud che ricorrono in massa alla chirurgia estetica. Appoggiati spesso dai genitori cercano di modificare i loro visi secondo uno standard di bellezza che piace a loro. Visi piccoli, occhi più grandi con doppia palpebra, naso con sella meno schiacciata e più sottile (da  occidentale). Sono standard che in effetti li rendono tutti  molto simili  tanto che al concorso di miss Corea era difficile eleggere la più bella in quanto tutte le ragazze erano uguali. Impressionante? Non so, no.
E’ ipocrita chi sostiene che la bellezza non conta. Conta eccome e lo dice una che carina lo è sempre stata.
Più facile per un lavoro, per una pratica, per un aiuto. Persino quando si entra in ospedale  la bellezza è una marcia in più per avere attenzione. Un po’ come giovinezza e vecchiaia.
Le ragazze di Seul vengono criticate perchè non accettano la loro “asiaticità”. Sono accusate di stravolgere la loro identità razziale. Col cavolo! Sono tutte ragazze notevolmente migliorate dopo l’intervento. Anzi il merito va soprattutto a loro:  passano dolori fisici e ansie e spese. 
Secondo merito va ai chirurghi che fanno visi naturali, no labbroni, no “zigomoni”. Certo c’è questa uniformità dei lineamenti. Ma vi ricordate i primi nasi rifatti qui da noi? Erano tutti uguali, si riconoscevano lontano un miglio. Adesso i bravi chirurghi tolgono solo i difetti al naso preesistente per cui la persona è sempre lei ma più armonica. Anche in Corea succederà lo stesso. Capiranno che la bellezza è unicità, quel particolare fuori dagli schemi che esprime un carattere. Che trasmette fascino ed emozione.
Alle persone che criticano direi:

 “ Se tu fossi così,

Prima









     preferiresti essere così? “(possibilità economiche permettendo).
Dopo
Non facciamo le solite battute :”Beh tanto basta un bel sorriso”. Ammettiamolo, c’è una notevole differenza tra il sorriso di una ragazza graziosa e una che non lo è.
Che poi non capisco, quando andiamo al supermercato chiediamo sì o no l’uva più bella, la mela più rossa? Dal fiorista  la rosa perfetta. Né troppo chiusa, né troppo aperta.
Posto la risposta di una ragazza coreana alle solite critiche di noi occidentali.

Temi di essere biasimata per il tuo viso diverso?
 “Sono onesta su questo argomento ogni volta che qualcuno lo chiede. Dico che ho subito un intervento di chirurgia plastica. Lo trovo ironico: non ci si vergogna di voler salire la scala sociale studiando tanto e lavorando sodo e ci viene ripetuto spesso che ciò che conta è quanto ti sforzi per migliorare te stesso. Le persone che si sottopongono ad interventi di chirurgia plastica pagano col proprio denaro e sopportano del dolore per ottenere ciò che non hanno. Se questo non è uno sforzo, che cos’è? “.
 http://ragazzecoreane.com/2016/09/12/come-cambia-il-volto-della-corea-il-trend-della-chirurgia-plastica/

Si contesta che in Corea   la pubblicità degli interventi  estetici  è un po’ dappertutto: sugli autobus, sui muri della metropolitana, in televisione. Io sono stata qualche anno fa a Miami e là invece c’era dappertutto la pubblicità di cliniche e centri per le malattie mentali soprattutto schizofrenia e depressione.
Lascio a voi le considerazioni.
Il viso è la nostra identità. Condivido quello che dice lo psicologo Morelli. Il viso parla: del nostro carattere, delle nostre esperienze, della nostra salute. Nel viso ritroviamo la nostra impronta. Però se  sono innamorata delle mie zampe di gallina (le adoro) è altrettanto vero che non mi piace il doppio mento. Onestamente credo che togliendolo non perderei niente di me, anzi.
Credo che le ragazze coreane che si fanno il viso meno schiacciato  dopo il primo attimo di smarrimento ritrovino la loro interiorità, il se stessi che va oltre i connotati che ci ha dato madre natura.


Intervista ad una ragazza coreana dopo l’intervento, autrice Camille Standen:

È stato strano vedere la tua faccia diversa?
…La prima volta che mi sono rivista allo specchio è stato davvero strano. Pensavo che il naso fosse troppo snello, non mi piaceva e credevo  non si adattasse al mio viso. Quando mi sono abituata, è stato come quando vai a fare shopping e trovi l’abito perfetto: sei felice che sia tuo e non vedi l’ora di indossarlo. Una sensazione del genere, ma un milione di volte più intensa.





Termino l'articolo postando l'immagine di due youtuber coreane, entrambe brave, entrambe bellissime.
Tutte e due credo, (Pony lo ha ammesso) sottopostesi a interventi di ricostruzione naso- occhi:





      Pony Makeup





 Sichenmakeupholic


Non so come erano prima, certo adesso sono una meraviglia.