Concorso Letterario. |
Il viaggio è un appuntamento con il tempo. Un incontro di affetti. Un terreno neutro per dare dimensione al passato.
L’autobus che da Atene torna a Volos si ferma per la
sosta nel solito punto di ristoro.
C’è un bel
giardino davanti. Quasi tutti i passeggeri si mettono a mangiare un panino persi
nei loro pensieri. Disattenti.
Beatrice si
è presa uno yogurt: “E chi se lo gusta più in Italia, uno yogurt
così!” ha detto.
Il nostro
viaggio è quasi alla fine. Siamo state ad Atene, sulla piazza in
rivolta e noi
turiste perplesse e consapevoli di vivere un momento particolare della nostra
storia.
Alle spalle
abbiamo quasi una vita, negli occhi il bisogno di vedere in libertà.
E’ un
viaggio che abbiamo programmato da anni, il viaggio del “Quando andremo in
pensione”.
Sempre
rimandato per i figli, per il lavoro, per i soldi.
“Siamo due
vecchiette on the road” ha detto Beatrice quando ha visto l’immagine di noi che strascinavamo le valigie, sulla vetrina di un negozio abbandonato vicino alla stazione.
Dentro c’era
un pavimento sporco e spoglio, pezzi di carta strappata per arredamento.
“Ma che sta
succedendo?!” mi chiede ora ripensandoci.
“A chi?”
“ Al mondo.”
E si infila l’ultimo cucchiaio di yogurt greco dentro il gargarozzo.
La ragazza
seduta accanto a noi è giovane e italiana. Di quella bellezza piena di futuro che
hanno i nostri figli. Incurante delle rivolte, dei cambiamenti, che lascia
scivolare l’acqua come sopra uno specchio. Il mare brilla dal finestrino,
invitante.
La ragazza
ha una montagna di bagagli, deve raggiungere il suo amico a Skiatos e già la vediamo in bikini a crogiolare il corpo
snello unto di olio.
“ Devo
dimagrire” dice Bea. Come a riacchiappare una stagione persa.
Alla
stazione di Volos, quattro piattaforme, c’è il solito caos. Alla biglietteria,
il solito impiegato indisponente. Dobbiamo chiedere a una donna.
In questo
viaggio abbiamo più volte incontrato
uomini scontrosi.
“E’ il
periodo di crisi economica, sono arrabbiati” ho tentato di giustificarli.
“No, è che
gli uomini sono fatti per la gloria, non reggono le sconfitte e poi noi non abbiamo
più vent’anni.”
Ce ne
rendiamo conto all’ufficio spedizioni quando chiediamo aiuto per pesare le
valigie. Se ci fosse stata la ragazza del pullman sarebbero stati più che
disponibili con la sua montagna di bagagli.
Mi siedo in
un angolo e aspetto. Fra l’indifferenza.
Beatrice era
magra da adolescente, rifiutava il cibo come fanno tante ragazze di oggi, per
rifiutare gli eccessi di una madre che usciva dalle privazioni di una guerra.
“Ma siamo
ancora in guerra, anche se la chiamano dimostrazione pacifica”, ha sbottato
Bea quando i puntatori laser ci hanno
accecato l’obiettivo della macchina fotografica sul tetto dell’albergo, ad Atene.
“E’ proprio come nella canzone di Vasco: gli spari sopra, sono per Noi”.
Adesso l’indifferenza
degli impiegati è diventata fastidio. Prima il loro, poi il mio. Prendo la valigia ed esco.
Cerchiamo
una donna, come abbiamo imparato a fare in questo viaggio. Per chiedere informazioni,
per i consigli, per non disturbare.
Fermiamo una
ragazza giovane che sentiamo coetanea. Ci dice che là dietro c’è il porto
e ci si può sedere, mangiare qualcosa, è bello.
Il posto è
soprattutto semplice, alla buona. Senza pretese, senza spari.
Uno sprazzo
di mare in fondo, una vasca di acqua ammuffita
con il ricordo di pesci rossi in un angolo.
Ci sediamo a
un tavolino che balla. Due gatti affamati si strusciano sulle gambe. Beatrice li accarezza e li vezzeggia
come dei bambini.
“Ma se a te
non piacevano una volta i gatti!” protesto.
“Se è per
questo non mi piaceva nemmeno mangiare e adesso guarda qua…” e si pizzica la ciccia sulla pancia. “Sai,” continua. “Siamo
state le prime donne del cambiamento. Le prime che
hanno studiato, che hanno lavorato, che hanno lasciato il ruolo di casalinghe.
Siamo state cavie. Abbiamo dovuto improvvisare, testare, non avevamo un
modello. Non abbiamo nemmeno mai capito se la nostra era fortuna o no. Abbiamo
reagito all’adattamento come potevamo, a random.
Adesso
torniamo a casa quando i figli sono cresciuti. Quando non hanno più bisogno di
noi, quando le nostre assenze non pesano, non ci tagliano il cuore.Torniamo al
ruolo delle nostre madri”.
La
proprietaria del ristorante arriva con un piatto di gamberoni fritti, un
contadino gira tra i tavoli a cercare di vendere dei pacchetti di erbe.
Gliene compro
un sacchetto, per cortesia, non so nemmeno cosa siano.
“ Sono
tisane per la pelle,” ci spiega l’energica proprietaria.”Good for skin, per tornare
giovani.”
Ritorniamo
in quel crocevia del mondo che è la stazione dei pullman. Due posti vicini
diretti verso l’aeroporto, due sorelle
verso il ritorno.
“Sai che ti
dico” dice Bea rigirando il pacchetto di erbe tra le mani. “Io non voglio
ridiventare giovane, voglio vivere questi tempi. Voglio stare a guardare.
Adesso che è finito il tempo di agire, voglio stare a guardare.”
“ In
libertà” preciso io.
“ Sì, in libertà”
e appoggia la testa sulla mia spalla.
Autore: Luciana Buttignol
Viaggi: In mezzo all'aria
Autore: Luciana Buttignol
Viaggi: In mezzo all'aria
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